La sentenza del Consiglio di Stato sulla chiusura dell’area a caldo dell’ex Ilva di Taranto, ora Acciaierie d’Italia di cui è socio anche lo Stato, potrebbe arrivare entro una settimana, al più tardi entro la fine del mese. Ma il governatore della Puglia, Michele Emiliano, non ha dubbi: “La chiusura” di quei reparti, che sono i più inquinanti, “è ormai inevitabile”. A Manduria, dove ha partecipato al ‘Forum in Masseria’ organizzato da Bruno Vespa, Emiliano ha ricordato la dura sentenza della Corte d’Assise di Taranto nel processo ‘Ambiente svenduto’, sul presunto disastro ambientale provocato negli anni della gestione Riva. Proprio i due fratelli Fabio e Nicola Riva sono stati condannati in primo grado a più di venti anni di carcere, mentre all’ex governatore Nichi Vendola ne sono stati inflitti tre e mezzo. La stessa Corte, inoltre, ha disposto la confisca degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento. Per Emiliano, quindi, è “impossibile pretendere che dopo una sentenza del genere, che ha condannato delle persone come se avessero fatto una strage dolosa, la magistratura non sequestri l’impianto che, tecnologicamente, non è diverso da quello che ha causato il reato”.
E assicura che ribadirà “all’Italia il prezzo altissimo che i tarantini hanno pagato per la scelta criminale di alcune persone”. A chi lo ha incalzato sulle presunte responsabilità di Vendola, ha ricordato “che la Regione Puglia è stata l’unico soggetto che, con Vendola presidente, si è contrapposto con delle leggi, limitando le emissioni, a quel modello di gestione della fabbrica”. Emiliano, per il Siderurgico, vede un futuro green. E qualora la chiusura dell’area a caldo diventasse realtà, sostiene che “l’acciaieria potrebbe operare con gli impianti a freddo, e immediatamente cominciare la costruzione dei gruppi elettrici: per ora – ha rilevato – credo che la tecnologia più avanzata sia a gas, che ci possa portare a brevissimo anche ai forni a idrogeno”. “Noi – ha precisato – abbiamo già candidato Taranto a diventare un polo nazionale dell’idrogeno, che si può fare con l’energia elettrica o con il gas naturale. E questi due elementi – ha concluso – ci consentirebbero di pretendere dall’Ue la protezione della nostra produzione green dell’acciaio”.