Scontro di treni tra Corato e Andria, a cinque anni di distanza la sorella di una vittima: “Vogliamo giustizia”

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Sono passati cinque anni dalla tragedia provocata dal terribile scontro frontale tra due treni delle Ferrovie Bari-Nord, gestite in concessione dalla società Ferrotramviaria, che viaggiavano sullo stesso binario nel tratto tra Andria e Corato il 12 luglio del 2016. Morirono 23 persone e altre 50 rimasero ferite.

Quest’anno l’anniversario coincide con una delle udienze del processo in corso davanti alla Corte di Assise del tribunale di Trani che si sta trascinando lentamene da aprile del 2019 anche a causa del covid (ma non solo), tra continue interruzioni e ripartenze. In questi anni c’è stato, dopo la ricusazione, perfino il cambiamento del collegio dei giudici.

Le sedute si stanno tenendo negli ultimi tempi nell’Auditorium ‘Monsignor Pichierri’ della Chiesa San Magno a Trani dopo la peregrinazione in diverse sedi. Si teme anche qualche contraccolpo e ritardo per il possibile trasferimento di uno dei due magistrati dell’accusa, anche se dalla Procura sono giunte rassicurazioni ai familiari delle vittime. Il rischio prescrizione, come per altre tragedie simili, esiste.

“Il dolore per me non si prescrive mai -spiega Anna Aloysi, sorella di una delle vittime, Maria Aloysi, che ha fondato una associazione in ricordo della congiunta. “In Italia – aggiunge – la Giustizia non funziona da decenni, si finge di riformarla ma in realtà non avviene nulla e si preferisce favorire gli interessi corporativi che ruotano intorno ad essa a scapito dei cittadini che di fatto, con i tempi lunghi dei processi, non hanno Giustizia. Se un giudice sbaglia -prosegue Aloysi- deve pagare di tasca sua insieme allo Stato, cosi i giudici si sentiranno in dovere di fare veloce e fare bene”.

L’associazione si batte “con rabbia per la sicurezza, che in Italia non viene applicata con serietà e determinazione. In 5 anni non è cambiato niente, gli incidenti continuano ad avvenire, non solo nel mondo del trasporto ferroviario, ma anche sulle funivie o sulle strade per la scarsa o nulla manutenzione, sembra che non importi a nessuno la questione sicurezza. “C’è bisogno di fare rumore e lottare -spiega Aloysi- come hanno fatto le famiglie delle vittime della strage di Viareggio, mentre il disastro ferroviario tra Andria-Corato del 12 luglio 2016 è stato già dimenticato da tutti”.

“Voglio anche fare una dedica a mia sorella Maria -continua- per tutto quello che ha fatto per me. Anche se  non è più presente su questa terra, mi ha lasciato ricordi  meravigliosi che custodisco per sempre nel cuore. Vorrei che il suo sacrificio insieme a quello di tante altre vittime, sia un punto di partenza per riformare tutto il sistema di controllo e di manutenzione ad ogni livello. A ritardare ancora di più la vicenda giudiziaria è arrivata anche la pandemia di cui anche io sono stata vittima, infatti sono stata ricoverata per una grave forma di covid, non potevo respirare, ho dovuto utilizzare l’ossigeno, fare degli esami molto fastidiosi”.

Alla fine ne è uscita, segnata nello spirito e nel corpo ma non fiaccata nei suoi propositi. “Quello che più di tutto mi ha dato la forza, è stato il desiderio di vedere in galera i responsabili della morte di mia sorella e di tutte le altre persone decedute. Non avrò pace fino a quando non saranno chiarite le responsabilità e nutro un’utopistica speranza di vedere un giorno sparire quel maledetto binario unico”.

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