La Corte di Cassazione ha giudicato inammissibile il ricorso della Procura di Lecce contro la decisione del Tribunale del riesame di Lecce dei mesi scorsi che ha fatto cadere l’accusa di associazione mafiosa per la misura cautelare (arresti) che ha riguardato gli esponenti del clan Cicala di Taranto.
Il ricorso al Riesame da parte della difesa di Michele Cicala, a capo dell’omonimo clan, e il successivo ricorso alla Cassazione da parte della Procura salentina sono uno sviluppo della vicenda che lo scorso 12 aprile, nell’ambito di una inchiesta portata avanti dalle Dda di Potenza e Lecce, portò i Carabinieri ad eseguire 37 arresti per traffico di olii minerali. Gasolio agricolo spacciato per gasolio per autotrazione per beneficiare delle agevolazioni fiscali. Ad aprile furono in particolare eseguite 45 misure cautelari restrittive, con 26 gli indagati in carcere, 11 ai domiciliari, 6 con divieto di dimora, 2 misure interdittive con sospensione dell’esercizio delle funzioni per due appartenenti al corpo della Guardia di Finanza per sei mesi.
I reati contestati furono quelli di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata alla commissione di frodi in materia di accise e Iva negli oli minerali ed altri. Il Riesame ha annullato l’aggravante mafiosa per l’arresto di Michele Cicala, nel frattempo passato dal carcere ai domiciliari. Ma proprio la detenzione di Cicala ha aperto un altro caso che a luglio scorso ha portato il Dap, con provvedimento del direttore Bernardo Petralia, a sospendere dalla funzione di direttrice del carcere di Taranto Stefania Baldassari.