L’omicidio della psichiatra barese Paola Labriola “era prevedibile ed evitabile adottando i rimedi e le cautele previsti dalla legge”. Lo scrivono i giudici del Tribunale di Bari nelle motivazioni della sentenza con la quale, nell’aprile scorso, hanno condannato l’ex dg della Asl di Bari Domenico Colasanto per i reati di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e omissione di atti d’ufficio, con riferimento alla morte della dottoressa uccisa da un paziente il 4 settembre 2013 all’interno di un centro di salute mentale di Bari.
Condividendo le conclusioni della sentenza nei confronti dell’esecutore materiale, il 41enne Vincenzo Poliseno, che sta scontando una condanna definitiva a 30 anni di reclusione, i giudici ne riportando alcuni stralci parlando di “crimine tristemente annunciato”.
“L’evento omicidiario -si legge nella sentenza di condanna di Colasanto- è stato favorito dalle condizioni di totale insicurezza in cui versava da tempo” la struttura: “la vittima non aveva possibilità di fuga, non vi erano nella stanza dispositivi sonori di allarme, il personale era tutto femminile, il videocitofono all’ingresso non era funzionante, la porta di ingresso era apribile dall’esterno con una semplice spinta”.