Il nuovo clan della mafia garganica controllava anche il mercato ittico di Manfredonia. Si poteva consegnare il pescato solo ad una società

Trentadue misure cautelari per associazione mafiosa aggravata dalla disponibilità di armi, traffico di stupefacenti, tentato omicidio, porto abusivo e detenzione di armi, intestazione fittizia, autoriciclaggio, e altri reati sono state notificate dal Ros dei carabinieri su disposizione del Gip di Bari.

L’indagine della Direzione Nazionale e della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha fatto luce sulle attività dell’organizzazione criminale operante nel comprensorio garganico di Manfredonia, Mattinata, Monte Sant’Angelo e Vieste. Si tratta di un sodalizio, a suo tempo facente parte di un più vasto aggregato criminale riconducibile ai cd “Montanari”, che, secondo le acquisizioni investigative accolte dal Gip, in un’ideale continuità evolutiva, rappresenterebbe l’attuale assetto della componente facente originariamente capo alla famiglia Romito. Secondo l’accusa l’ organizzazione dopo la cosiddetta strage di San Marco in Lamis del 9 agosto 2017, in cui perse la vita Mario Luciano Romito, si sarebbe rimodulata in una compagine che può essere ribattezzata clan “Romito- Lombardi-Ricucci”.

Secondo l’accusa l’organizzazione avrebbe controllato il commercio ittico di Manfredonia, per la vendita all’ingrosso e al dettaglio di pesce costringendo i pescatori a consegnare il pescato in via esclusiva ad una società legata all’organizzazione. Inoltre l’associazione avrebbe consumato estorsioni nel settore agro-pastorale e truffe in danno dell’INPS mediante indebita percezione di provvidenze. Sono stati, altresì, raccolti gravi indizi in ordine all’operatività criminale del sodalizio mafioso nel settore del traffico di stupefacenti, in particolare cocaina, nel settore della ristorazione, riciclando denaro di provenienza illecita e nel settore degli assalti ai portavalori, realizzati mediante l’interazione con altri gruppi criminali.

Era riuscita, secondo gli investigatori, ad associare un modello di mafia militare a un più evoluto schema operativo di mafia degli affari, con una penetrante capacità di infiltrazione nel comparto agroalimentare legato alle principali risorse del territorio (la pesca e l’agricoltura). In particolare, sono emersi, secondo le indagini, “gravi indizi” circa il controllo del commercio ittico di Manfredonia, per la vendita all’ingrosso e al dettaglio di pesce, esercitato attraverso due imprese, la Primo Pesca srl e la Marittica società cooperativa, entrambe intestate a terzi, ma “di fatto gestite -spiegano gli inquirenti della Dda di Bari- da soggetti intranei all’articolazione criminale investigata, con l’assunzione di una posizione di monopolio, ottenuta smantellando la concorrenza mediante l’utilizzo della forza di intimidazione”.

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