Mafia, nel carcere di Foggia riti di affiliazione. La denuncia del sindacato di polizia penitenziaria

“Il rito di affiliazione nel carcere di Foggia conferma che le mafie usano le carceri per il reclutamento”. Lo dice il segretario generale del Sindacato polizia penitenziaria (Spp), Aldo Di Giacomo, in una nota, in cui fa riferimento alle dichiarazioni rese dall’ultimo collaboratore di giustizia, ex affiliato alla mafia foggiana, nel corso di un processo, a proposito della rete di affiliazione e ai riti che continuano a svolgersi all’interno del carcere del capoluogo dauno.

“Quanto riferito ai giudici squarcia il velo di omertà su una realtà molto diffusa nei penitenziari italiani, specie quelli con detenuti a regime 41 bis: il carcere è luogo di diffuso reclutamento”, prosegue.

“La filastrocca che ogni aspirante malavitoso recita davanti al proprio padrino durante la fase di affiliazione o battesimo, la consegna del medaglione, simbolo del grado attribuito, sono rituali legati a un sistema sempre vivo a conferma della nostra caparbia sollecitazione a combattere la mafia cominciando dal carcere”, sottolinea. “I clan in continua ricerca di affiliati usano le celle per potenziare i propri eserciti e inviare messaggi di forza all’esterno specie nei confronti dei clan rivali. E si badi bene: le affiliazioni non avvengono sempre con il sistema volontario, anzi sono soprattutto i detenuti più deboli a doversi piegare ai boss”, va avanti.

“In questo scenario, mi tornano in mente -continua Di Giacomo- le parole del procuratore anti ‘ndrangheta Nicola Gratteri, che condivido: ‘questo Governo non sta facendo nulla nella lotta alle mafie’. Lo Stato non può continuare a vanificare il grande lavoro dei magistrati antimafia, come Gratteri, e degli inquirenti”, sostiene. “Non si sottovaluti che le mafie approfittando di questa fase di crisi internazionale e stanno concentrando i propri interessi sulle attività economiche e produttive per acquisire alberghi, ristoranti, imprese e intensificare l’usura”, conclude.

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