Pensare che una società torinese potesse essere venditrice e promotrice dell’immensa offerta enogastronomica pugliese (come cozze pelose e mandorle di Toritto) a Bari dentro la Fiera del Levante è, in ogni momento, cosa azzardata e morta fin dal suo concepimento. Magari ignorando burocrazia e norme quasi fossero cose per i nativi e non certo per loro quasi fossero dei colonizzatori!
Pure Eataly con la connivenza di alcuni contatti locali è riuscita, alcuni anni fa, ad aprire un punto vendita a Bari nella Fiera del Levante e cioè nel luogo deputato ad essere la vetrina delle aziende pugliesi; così facendo Eataly ha cercato di fare concorrenza e distruggere le imprese meridionali, forte della sua potenza finanziaria e degli amici sul territorio.
Ha dovuto poi chiuderlo, come il Mac Donald di Altamura, per essere stato sonoramente ignorato dai baresi.
Questi i fatti!
Pare però che la società torinese non abbia onorato interamente il proprio contratto di fitto e quindi la Fiera del Levante si è vista costretta ad adire le vie legali.
Questa è la recente notizia ma amara è la considerazione che si impone: una multinazionale torinese ha cercato e cerca di lucrare sulla identità gastronomica pugliese e meridionale magari portando via fette del nostro mercato vendendo qui carni piemontesi e gelati realizzati anche con uova di alpeggio! Roba da emulare l’epopea garibaldina portatrice della colonizzazione che ancora subiamo. Ma certamente è il loro interesse e mestiere lucrare sul lavoro, l’inventiva e le capacità altrui; ben più grave è la colpa portata dalla politica locale che non solo non ha creato le condizioni perché siamo noi a sfruttare il lavoro altrui ma addirittura che si mettano a disposizione di altri le infrastrutture (pochissime e un po’ datate) che i nostri nonni hanno creato per dare spazio e mercati alle nostre imprese … e non ci vengono neanche pagate.
Questo esempio non solo non ha scoraggiato le multinazionali della grande distribuzione -anche estere- a sfruttare i nostri mercati ma, ancora oggi, spuntano punti vendita non solo nelle periferie e sempre con la connivenza delle Autorità locali. Una valanga incontenibile forte della potenza finanziaria del Nord Italia ed Europa di fronte alla quale i nostri politici non pensano minimamente di fare i nostri interessi. Senza dire che i prezzi praticati ai consumatori sono un multiplo di quelli corrisposti ai nostri produttori. La nostra frutta non rende ai nostri contadini più di qualche decina di centesimi (per piantare, innaffiare, potare, raccogliere,..) mentre la si paga decine di volte nei supermercati a pochi chilometri dalle piantagioni di provenienza: la massima parte dell’intero business va alla distribuzione mentre il Sud rimane al palo.. pur avendo strutture come la Fiera pensate, volute e pagate per noi e per porci allo stesso livello di altri.
Il pesce -dove lo si comperi non conta- comincia a puzzare dalla testa, sempre!
Canio Trione