Anche Romina Power alla protesta contro il decreto Ilva, “Qui con voi per dire che vivere è un diritto”

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“Io dovevo vivere”. Una serie di cartelli con questa scritta e la foto di bambini che sono morti a causa di malattie legate all’inquinamento, hanno fatto da cornice alla manifestazione che questa mattina ha portato in piazza della Vittoria, nel centro di Taranto, alcune centinaia di cittadini, insieme ad associazioni e movimenti, per dire no allo scudo penale ai gestori di Acciaierie d’Italia, ex Ilva, introdotto col decreto legge sugli impianti strategici approvato nei giorni scorsi dal Senato.

Sul palco c’era un uomo vestito con la toga da magistrato ma con le mani legate -perché per i manifestanti le norme del dl sono un ostacolo all’azione giudiziaria- ed un altro che davanti a se aveva un enorme scudo, fondo nero, con la scritta centrale “immunità penale”.

Tra i cartelli portati in piazza quello che indicava che questa mattina sono 55 i piccoli pazienti ricoverati a Taranto nel reparto oncoematologia pediatrica e “Stop al sacrificio di Taranto”.

Nel corso della protesta, un gruppo di persone, con tuta e casco da operaio, e il volto semicoperto da maschere bianche o nere, ha gettato in terra dei pezzi di tubi e una polvere rossastra che voleva simboleggiare il minerale di ferro usato per caricare gli altiforni dell’ex Ilva.

Presenti alla manifestazione anche il vice presidente M5S, Mario Turco, il consigliere comunale M5S, Mario Odone, i sindaci di Grottaglie e Crispiano, Ciro D’Alò e Luca Lopomo.

Dal palco l’artista Romina Power ha dichiarato che “sono qui per dirvi che é un vostro diritto vivere. E’ un nostro diritto inviolabile, é scritto nella Costituzione italiana. Nessun nuovo decreto potrà e dovrà toglierci questo nostro diritto. Ricordiamoglielo”.

Per i promotori della manifestazione, “l’immunità penale per chi inquina é un attentato alla salute e alla felicità dei cittadini di Taranto e soprattutto dei bambini, é un atto incostituzionale che lega le mani alla Magistratura” -il riferimento é al temuto blocco delle indagini sull’inquinamento- e trasforma ” i diritti dei tarantini in dovere di ammalarsi e di morire”. 

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