Il 25 Aprile è la festa della Liberazione dalla dominazione nazifascista.
E’ la festa della Libertà che, per quanto ha detto a Cuneo il Presidente della Repubblica Mattarella, va coniugata come festa della unità nazionale, l’Italia, e festa di un popolo votato alla pace, come tutti i popoli.
Risuona, in tutte le manifestazioni, l’articolo 11 della Costituzione Italiana, la Legge Prima di tutti gli italiani, quella da cui discende tutto quello che oggi siamo: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali … “.
Ma, poi, si legge su L’Edicola del Sud, proprio del 25 aprile, l’intervista di Andrea Fiore a Titti De Simone, presidente del PD di Bari : “Troppi conti in sospeso con le destre nostalgiche”.
Ma come? Mentre parliamo di pace e unità nazionale ecco che ricomincia (in verità mai sopito) il noioso e inutile ritornello, ormai ammuffito e maleodorante, del fascismo e dell’antifascismo.
Dice il Dizionario di Storia della Treccani che il fascismo nacque, come movimento, nel marzo 1919, si costituì in partito politico nel novembre 1921, morì il 25 luglio 1943. Il suo creatore fu giustiziato il 28 aprile 1945 e fu esposto il giorno dopo, appeso per i piedi, a testa in giù, a Milano, in piazzale Loreto.
Fine della storia, sì, ma non dei conflitti civili che perdurano ancora oggi; eppure tanta acqua è passata sotto i ponti: questa guerra civile dura più di quanto sia durato il fascismo. Che assurdità!
Gli italiani che hanno vissuto il fascismo, in età consapevole, oggi avrebbero circa 100 anni, un secolo. E, sembra proprio, che nessuno di loro sia in attività.
Cosa è rimasto? Certo il ricordo, in verità molto labile, tanto che se si dovesse chiedere a qualche italiano sedicente antifascista, ma anche a qualche simpatizzante del fascismo, o a qualche esponente delle giovani generazioni, di scrivere sinteticamente cosa significhi “fascismo”, oppure cosa intenda dire quando pronuncia quel sostantivo, ebbene pochissimi, eccetto i cultori di Storia, saprebbero cosa scrivere se non “dittatura”.
Allora, è solo questione di parole! Basta dire “dittatura” al posto di “fascismo” e già la irriducibile lotta civile, che attanaglia l’Italia, si esaurirebbe in breve.
Cosa sia la “dittatura” lo esprimiamo sinteticamente: è un regime che concentra nelle mani di un solo uomo, o di pochi, tutti i poteri. Gli effetti negativi e le tragiche derive, come abusi e illiberalità, di questa concentrazione di potere sono prevedibilissime conseguenze.
Da quando esiste la fauna, la flora e l’uomo, non c’è stato periodo storico senza “dittature”: c’è sempre qualcuno che vuole assoggettare gli altri.
Nel genere umano, il primo passo della dittatura è la promozione del “culto della personalità” che ha un fascino irresistibile per tutti, di ogni fascia d’età (vecchi, anziani, maturi, giovani, adolescenti) e di ogni genere (uomini donne, intermedi).
Le dittature, inoltre, assumono espressioni, forme, e modalità, contestualmente al periodo storico; e usano gli strumenti contemporanei disponibili.
Pertanto, le dittature alla Gengis Khan sono, ovviamente, diverse dalle dittature recenti; ad esempio, gli Storici declinano le dittature del XX secolo come “totalitarie”, con ciò significando che l’intervento dello Stato dittatoriale permea ogni aspetto della vita civile, economica e sociopolitica. Infatti, nel secolo XX, con la più facile diffusione delle notizie e con l’emergente scienza del “marketing sociale”, abbiamo visto la nascita dei Ministeri della Propaganda che hanno dato grande impulso alle dittature.
L’obiettivo è sempre lo stesso: il dominio delle genti (tramite l’esaltazione del “culto della personalità”) e la estinzione del “pensiero critico” (tramite la ipocrita e tenace persuasione di una vita migliore ottenuta con slogan e costrizioni, fino alla violenza).
Le dittature totalitarie del XX secolo, sappiamo tutti, sono state fascismo, nazismo, comunismo, stalinismo.
Qualcuno potrebbe pensare, in quest’era (XXI secolo) di social media e di incredibili volumi di informazione disponibili in real time, che il popolo non sia sotto “dittatura totalitaria”, benché inconsapevole? L’architettura della dittatura del XXI secolo è la Burocrazia asfissiante, in Italia più che altrove; non vi risulta? Fateci un pensierino. Basti sapere, infatti, come non si possa, oggi, nemmeno accendere un barbecue senza essere sanzionato, come successo il 25 aprile (!), festa della Libertà, a Bologna.
Altra spia dell’attuale stato di dittatura è la scomparsa del liberalesimo che non è “libertà a parole usata da tanti”; e non é liberismo, né neoliberismo, né ordoliberismo, né libertarismo. Per informazione, il liberalesimo è quella idealità che ha saputo combattere le dittature con una organizzazione d’equilibrio dello Stato coniugandolo in un trittico di poteri equipollenti, autonomi e indipendenti (legislativo, esecutivo, giudiziario).
Chissà che fine ha fatto il liberalesimo visto che, oggi, c’è un miscuglio dei tre poteri con l’ingrediente del quarto potere, i media.
Ma, torniamo all’articolo di L’Edicola del Sud. Oltre a fomentare il conflitto civile, quali sarebbero i “conti in sospeso con le destre nostalgiche” denunciati dalla Titti De Simone? Non è dato sapere. Anzi ella dice: ”Purtroppo temo che i conti con la cultura fascista fino in fondo non si siano fatti mai”. Stiamo freschi! Sembra che ne avremo ancora per molto di questa pantomima, che si vivifica ogni 25 aprile.
Eppure, si dovrebbe capire che un ritorno del fascismo del XX secolo è del tutto impossibile sia perché non si vedono in giro tipi dello spessore, pur negativo, di un Mussolini; sia perché il contesto europeo lo stroncherebbe sul nascere con il noto strumento dello spread; sia perché siamo già in una “dittatura totalitaria”.
Infatti, se la legge, le norme, le procedure regolano la vita di tutti noi, allora, visto che in Italia ne sono vigenti oltre 160.000 rispetto alla Francia dove ne sono vigenti oltre 7.000, vuol dire che noi siamo “più regolati” dei francesi. E’ tutto dire.
Poi, la De Simone, denunciando la tecnica delle “distrazioni di massa” usata da questo governo, declina gli interventi legislativi dimenticati: “Casa, Lavoro, Sanità e scuola pubblica, Precarietà, Diritti sociali e civili”. Non sono forse gli stessi che il suo partito non ha saputo e voluto risolvere in tanti anni di governo e di occupazione degli alti ruoli burocratici compresa la Giustizia?
Ma, ancora, avete notato che quelli sono tutti interventi a valere sulle casse dello Stato? Al solito, manca l’intervento più importante: la Crescita Economica.
Eppure tutti sanno che, per dirla come si dice fra amici al bar: “senza acqua la papera non galleggia” ovvero “senza soldi non si cantano Messe”.
Ovviamente ci riferiamo alla Crescita Economica della Economia Reale: quella che porta soldi. Ma, su questo tema, “siamo proprio alla frutta”, cioè “a corto di idee”.
Purtroppo, senza Crescita non ci sono servizi come Welfare, Sanità, Istruzione, Servizi sociali etc.. Per mantenere il nostro stile di vita, saremo costretti a ricorrere al prestito, mentre il Debito Pubblico, sempre più oneroso, ci porterà tutti a fondo visto che siamo costretti a vendere l’Italia, senza troppa pubblicità, però, per non fare irritare il popolo.
L’intervistatore, infine, fa la domanda clou: “Sepulvèda disse che – un popolo senza memoria è un popolo senza futuro -, cosa risponde (ndr: La De Simone) a chi cerca di cancellare il passato?”
La risposta della Titti De Simone è scontata e non la citiamo.
Ma noi diciamo che, purtroppo, hanno interpretato male Sepulvèda. Infatti, tutti noi abbiamo memoria della nostra Storia, perché è la nostra identità; ma, se rimaniamo ancorati ad essa, l’esito è la frustrazione da immobilismo: non vivremo né il presente né il futuro. Saremo morti di ricordi.
Non è forse questa la strada che l’Italia ha imboccato? Dov’è il progressismo del PD, il partito della De Simone?
Ci domandiamo: questa ossessione del fascismo/antifascismo cosa nasconde?
Chiudiamo con una precisazione: noi non siamo né di destra né di sinistra; siamo contro ogni dittatura, di qualunque colore, di qualunque ideologia.
Non subiamo il fascino del culto della personalità. Siamo contro il feudalesimo, contro il fascismo, contro il comunismo, contro il nazismo, contro chi vuole distruggere la nostra identità, contro chi attenta alla nostra libertà, contro chi mortifica la nostra dignità. Contro chi vuole annichilire il “pensiero critico”.
Siamo per lo Ius Naturalis; siamo Liberali del XXI secolo.
*Presidente di “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile