Inchiesta sui bonus edilizi, sequestro di beni per 40 milioni di euro. Coinvolte società con sede a Gioia del Colle e Bari

Beni per un valore complessivo di 40 milioni di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Nucleo Operativo Metropolitano di Bari nelle province di Bari e Foggia in attuazione del provvedimento d’urgenza emesso dalla Procura della Repubblica del capoluogo pugliese. I beni sono riconducibili a cinque persone fisiche indagate a vario titolo per emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indebita compensazione, riciclaggio ed autoriciclaggio, e sei società con sede a Bari e Gioia del Colle (Bari).

Le attività di indagine hanno permesso di individuare soggetti che hanno utilizzato in maniera indebita le misure agevolative previste per gli interventi edilizi disciplinati dal ‘Decreto Rilancio’. La legislazione prevede la possibilità di acquisire crediti d’imposta cedibili a terzi e utilizzabili in compensazione ovvero monetizzabili presso le Poste Italiane, banche ed altri gruppi di acquisto, spiega la procura barese in una nota. L’articolato meccanismo di frode scoperto riguarda, in particolare, la cessione del credito d’imposta in relazione ai ‘bonus edilizi’ (superbonus 110%, bonus facciate, sisma bonus).

Gli approfondimenti investigativi hanno consentito alle Fiamme Gialle di individuare l’esistenza di un circuito fraudolento, che graviterebbe intorno alla figura di un commercialista barese, rappresentante legale di numerose società operanti nel settore edile, che avrebbe creato i presupposti per l’utilizzo, presso l’Agenzia delle Entrate, di crediti d’imposta di fatto inesistenti, a fronte di lavori di ristrutturazione asseritamente effettuati, ma privi di riscontro agli esiti delle indagini, in danno di ignari contribuenti, tutti dichiaranti redditi modesti o nulli, prosegue.

Dagli accertamenti è emersa la “fittizietà delle prestazioni generatrici delle agevolazioni fiscali, sulla base di alcuni indici di anomalia, tra i quali risulterebbero l’assenza di alcuna pratica edilizia istruita presso i riferimenti catastali indicati, ovvero, in alcuni casi, la difformità della licenza rispetto ai presunti lavori eseguiti; la mancanza di fatture di esecuzione dei lavori da parte del fornitore/impresa esecutrice”, va avanti la procura.

Ottenuta la concessione dei crediti d’imposta fittizi da parte dell’Agenzia delle Entrate, gli stessi venivano monetizzati direttamente dalle società rappresentate dall’indagato mediante cessione del credito alla società Poste Italiane S.p.A., ceduti a soggetti terzi (persone fisiche e/o giuridiche), i quali provvedevano, anch’essi, a monetizzarli attraverso l’ulteriore passaggio di cessione dei crediti alla società Poste Italiane S.p.A., ovvero li utilizzavano indebitamente, sui modelli F24 presentati, in compensazione al pagamento di debiti di natura tributaria e/o previdenziale, precisa la Procura.

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