Licenza di mentire

Quando nel 1455 l’inventore della stampa, Gutemberg, riproduceva  i primi  libri con la tecnica dei caratteri mobili, non immaginava che la sua iniziativa avrebbe condizionato il mondo. Lo seguiva a ruota Guglielmo Marconi nel 1897, con la radiotelegrafia e non fu da meno, nel 1927, la scoperta della  televisione che  portava in casa non solo i fatti ma anche i volti di chi li racconta e altro. Questi inventori, artefici del  cambiamento della vita della popolazione, non potevano conoscere il potere che avrebbero  acquisito le tecniche di comunicazione da essi ideate. L’uomo qualunque ha saputo farlo!

Con il passare degli anni le notizie sono diventate più recenti, gli avvenimenti più vicini, i fatti raccontati più numerosi, così come l’ascolto e la lettura. Ma una insidia si nascondeva nel processo evolutivo della comunicazione, mentre diventava arte, ma anche, subiva il fascino della primogenitura. Iniziava così a dotarsi di poteri e di condizionamenti tali da trasformare se stessa in un’arma senza uguali. Un cambiamento involutivo non certo spontaneo, ma sostenuto dagli addetti al lavoro che non hanno saputo rinunciare alle facili logiche di ricatto che il mondo della informazione era in grado di offrire. Poco per volta la notizia ha perso i caratteri della impersonalità e si è vestita con abiti di circostanza, così come desiderati dai poteri a cui si è venduta.

L’informazione è diventata faziosa, così come i giornalisti, costretti a dover scegliere fra libertà di opinione e libertà di espressione. Con il passare del tempo hanno dovuto rinunciare ad entrambe le allocuzioni, ma anche dimenticare la differenza che esiste fra le due e in tanti, hanno dovuto ricordare a se  stessi di “avere famiglia”. Il potere aveva scoperto non solo l’arte del condizionamento che la comunicazione possiede, ma anche la capacità di manipolare le masse e orientare la loro attenzione là dove desidera che venga  indirizzata. L’invasione degli alieni è stato un ottimo viatico per tutti quelli che avrebbero voluto  conquistare la Terra a loro piacimento. Ma crollava inesorabilmente l’importanza della funzione del giornalismo, da sempre individuata dalla sua  capacità di esercitare un feroce controllo del rispetto delle regole democratiche di un governo, denunciandone le deviazioni o peggio ancora il mancato rispetto.

È accaduto così che il nostro Paese è stato progressivamente fagocitato dalla bramosia dei tanti imprenditori della informazione, desiderosi di comunicare a  noi utenti la verità che tutti gli altri ci negano. Quindi, siamo stati invasi da così tante verità, da perdere l’orientamento nella strada della conoscenza, inquinata da personalismi, sudditanza, occasioni di guadagni insperati, perdita di dignità e di deontologia. Non tutti gli operatori  colpiti da questa sindrome sono stati resi precari, quelli  bravi rimasti,  sono costretti a lavorare in affanno, inseriti in un mondo che cambia. A cui sentono di non appartenere! Intanto il processo di cambiamento continua inarrestabile con sempre maggiori condizionamenti esercitati dal compromesso a discapito della   informazione, diventata disinformazione e guerra cognitiva. Un processo poco conosciuto dai nostri lettori abituati ad essere rassicurati dalla televisione, dai  giornali e attraverso l’ingerenza del dott.  internet.

Inevitabile una considerazione: se gli organi di informazione non raccontano la verità o ne raccontano tante, perché dovrebbero essere letti o consultati? La recente esperienza pandemica, ha rappresentato un pericoloso punto di svolta, grazie al quale la tecnica della disinformazione, coppia fissa con la seduzione ipnotica esercitata dal potere, ha modificato le menti ed il comportamento degli italiani. Ormai nelle mani di coloro che non hanno solo la licenza di mentire.

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