La Procura di Bari ha chiesto tredici condanne, tra i tre e i 12 anni di reclusione, per gli imputati coinvolti nell’indagine sul crac delle Ferrovie del Sud Est. Agli imputati sono contestati -a vario titolo- i reati di bancarotta fraudolenta documentale, societaria e patrimoniale, per dissipazione e distrazione di fondi. Secondo l’accusa l’ex amministratore unico della società Luigi Fiorillo, in concorso con consulenti e funzionari della società oltre che con imprenditori, avrebbe distratto fondi causando così il crac da 230 milioni di euro nel corso della gestione di Fse fra il 2011 e il 2015.
“Si tratta di uno dei più grandi casi, se non il più grande, di bancarotta fraudolenta del Sud Italia, ancora più grave perché fatta a danno di una società con capitale interamente pubblico”, ha detto al termine di una lunghissima requisitoria il procuratore di Bari Roberto Rossi, alternatosi per tutta la mattina e per parte del pomeriggio con la pm Desirèe Digeronimo. La condanna più alta, a 12 anni, è stata chiesta per Luigi Fiorillo, a cui sono contestati vari episodi di bancarotta, dissipazione e distrazione.
“Fiorillo -hanno detto i pm- ha proceduto a uno spolpamento della società, pur consapevole dello stato di dissesto e mai operando nell’interesse dell’azienda”. La pena a 10 anni è stata chiesta invece per l’avvocato Angelo Schiano, considerato l’amministratore occulto di Fse e “il vero centro decisionale della società”, come affermato sempre dai pm in aula.
Sei anni sono stati chiesti per Ferdinando Bitonte, Fabrizio Romano Camilli e Vito Antonio Prato, cinque per Francesco Angiulli, Nicola Alfonso e Carlo Beltramelli. La pena di quattro anni di reclusione è stata chiesta per Carolina Neri, Rita Giannuzzi e Gianluigi Cezza, di tre anni per Sandro Simoncini e Nicola Di Cosola. La discussione delle parti civili inizierà nell’udienza del 24 novembre.