Lo sciopero Cgil-Uil del 17 novembre

Quello di ieri è stato uno sciopero dalla vita travagliata sin dalla sua proclamazione. 

Dei tre sindacati di grossa caratura, CGIL e UIL, senza la CISL, hanno deciso di scendere in piazza contro la Legge di Bilancio e, in generale, contro le politiche socio economiche del Governo. 

E qui c’è la prima stranezza: la decisione di proclamare lo sciopero è stata presa in estate, ben prima che il Governo avesse elaborato una formulazione della sua Legge di Bilancio per il 2024. 

Questo fa intendere che CGIL e UIL avessero tutte le intenzioni di “fare la guerra”, costi quel che costi, per rispettare il rito dello “autunno caldo”. 

La seconda stranezza è che i contrasti fra Sindacati e Governo sono diventati incandescenti ben prima del 17 novembre con una inclinazione verso la “personalizzazione” del conflitto, cosa oramai usuale in Italia. Come si è letto sulla carta stampata e sentito sui media, il “vero nemico” da abbattere non era tanto il Governo in sé, ma il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibile che non si è fatto pregare per scendere a singolar tenzone. La personalizzazione dello sciopero si può sintetizzare nell’anatema di Pierpaolo Bombardieri: “Questa piazza è una risposta di democrazia a chi fa il bullo istituzionale”. 

La terza stranezza è l’esplosiva preparazione dello sciopero, esaltato come “generale”, che ha posto CGIL e UIL contro tutto e contro tutti. Perfino contro la Commissione di Garanzia sugli Scioperi, che è indipendente, il cui presidente, la dr.ssa Paola Bellocchi ha declinato come “non generale” lo sciopero del 17 novembre secondo la normativa di regolamentazione del diritto allo sciopero, a suo tempo votata e approvata dai Sindacati. 

Sulla base dei rilievi della Commissione, il Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità ha avuto buon gioco nell’emanare l’ordine di precettazione. 

I Sindacati si son dovuti adeguare; ma apriti cielo: sono immediatamente partite accuse di attacco senza precedenti al diritto allo sciopero. 

Cosa spinga i due Sindacati ad assumere queste posizioni così radicali sarebbe interessante capire. 

La quarta stranezza è che dei due Sindacati, nei decenni precedenti, si era perduta ogni traccia, imboscati non si sa dove, soddisfatti dell’affettuoso e simbolico “braccio sulla spalla di Landini” del premier Mario Draghi. Nella loro latitanza, si sono dimenticati del lavoro e dei lavoratori, e dell’art. 1 della Costituzione, soprattutto durante le durissime restrizioni del periodo pandemico. Poi, si sono svegliati di colpo. Oggi, chiedono il “salario minimo”, così se ne vanno in vacanza un’altra volta non avendo più nulla da fare.

Nel frattempo, tutta questa pantomima ha tenuto il PD di Schlein e il M5S di Conte a distanza di sicurezza dalla manifestazione; né è stato sufficiente inviare delle delegazioni. I due leader hanno messo in pratica una tattica condivisa. 

Ma veniamo alla manifestazione. 

Al di là di slogan e delle apodittiche affermazioni di Landini “Il governo sta portando il Paese a sbattere e noi non lo permetteremo”; o come la denuncia di generiche “porcherie” inserite nella Legge di Bilancio; o come le intimazioni al Governo di “smettere di fare cavolate”, in verità non si capisce bene cosa vogliano i due Sindacati. 

Landini rinforza: E’, questo sciopero, una risposta a “chi ha pensato di precettare e mettere in discussone il diritto di sciopero. Questo è un vero e proprio attacco alla democrazia”. Il che, tuttavia, non chiarisce un bel niente.

Nel frattempo sono platealmente sconfessati da un spread in netto calo a valle della formulazione della Legge di Bilancio e dalle valutazioni, sulla tenuta del Paese, di tutte le agenzie internazionali di rating (l’ultima della quali Moody’s ha, addirittura, migliorato l’outlook) che hanno fatto tirare un sospiro di sollievo all’intera Europa. 

Ma quali sono stati gli esiti dello sciopero?

E qui, è cominciata la battaglia sull’adesione alla manifestazione e sulle dimensioni dell’astensione dal lavoro. 

AL di là delle dichiarazioni verbali, i numeri della Funzione Pubblica contano una adesione allo sciopero del 5,5%, con punte del 6,5% nel settore della Istruzione. 

I TAV hanno viaggiato regolarmente; i trasporti locali non hanno dato problemi né creato disagi (16% di adesioni).

Filt Cgil e Uil trasporti riferiscono di adesioni con punte del 100% per i porti e dell’80% nella logistica. Nel trasporto pubblico locale i sindacati dicono che l’adesione media è stata del 70%.

Nel settore privato i sindacati segnalano, nel Lazio, l’adesione del 70% dei lavoratori della filiera Amazon.

I media, pro e contro, con sapienti titoloni si sono schierati in questo inutile conflitto che fa perdere tempo a tutto il Paese. In particolare il simpatico Piero Sansonetti (L’Unità) ha elevato al cielo un “c’è vita a Sinistra” confondendo il ruolo del Sindacato con il ruolo di un Partito politico. 

Crediamo che sia questo il problema: la tracimazione dei ruoli. I Sindacati italiani pretendono di esulare dal proprio ruolo istituzionale, vogliono fare politica, vogliono sostituire l’opposizione legittimamente eletta. 

Ma la questione vera è che, nei tempi andati, uno sciopero generale bloccava tutto il Paese ed era propedeutico alla caduta del Governo. 

Oggi, possiamo dire che, la spallata al Governo in carica non c’è stata: dello sciopero così tanto propagandato non se ne è accorto quasi nessuno. 

Viste le premesse, ci saranno ancora stentati colpi di coda, scosse di assestamento; ma presto sarà, anche questo, un evento archiviato 

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